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L'
insonnia rappresenta una delle condizioni mediche e psichiatriche
più diffuse. Numerosi studi hanno segnalato il
legame tra insonnia e diverse patologie, tra le
quali cardiopatia, ipertensione, diabete, malattie neurologiche,
problemi respiratori, problemi urinari, dolore cronico,
problemi gastrointestinali e disordini mentali. La
quarta edizione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental
Disorders, Text Revision, definisce l’insonnia come “difficoltà
ad addormentarsi e a conservare il sonno, risveglio prematuro,
o impossibilità a sentirsi riposati nonostante una sufficiente
opportunità di dormire.”
La
diagnosi dell’insonnia cronica, così come definita dall’American
Psychiatric Association e dal National Institutes of
Health, richiede che questi sintomi persistano per almeno un mese
e portino ad un disagio o un deterioramento clinicamente significativi
della vita sociale, occupazionale o relativa ad altre aree
importanti. Le statistiche più recenti mostrano che circa il 51%
degli italiani soffre di insonnia e di costoro il 16% lamenta
insonnia transitoria o di breve termine, mentre il 13% insonnia
cronica. L’insonnia è il più comune tra i disordini del sonno
ed è associata ad un aumento della mortalità generale.
L’insonnia
è un fattore di rischio associato ad una maggiore mortalità e ad un
maggior tasso di istituzionalizzazione degli anziani. Si tratta di un fatto
particolarmente problematico considerata l’elevata incidenza del fenomeno.
Oltre ai problemi di salute, gli studi hanno evidenziato negli anziani un
legame tra insonnia e tassi statisticamente più elevati di dipendenza dai
sonniferi, automedicazione con alcol, depressione, disordini dell’umore ed
altri disturbi psichiatrici. L’insonnia, inoltre, è collegata ad un
progressivo deterioramento delle facoltà cognitive e ad una riduzione dell’interazione
sociale.
Paragrafi:
I
CILCI DEL SONNO
SONNO
ED ETA'
TIPI
DI INSONNIA
LE
CAUSE
TERAPIA
COMPORTAMENTALE
INTEGRATORI
TERAPIA
FARMACOLOGICA
CONCLUSIONI
I
CICLI DEL SONNO
Il
ciclo del sonno è tipicamente costituito da cinque o sei cicli per
notte, di durata compresa tra 90 e 110 minuti ciascuno. All’interno
di ciascun ciclo è possibile distinguere cinque fasi. Le
fasi da uno a quattro sono considerate di sonno NREM (nonrapid
eye movements), mentre la quinta fase è nota come sonno
REM (rapid eye movements).
La
fase 1 dà avvio al sonno. Si tratta del sonno più leggero, caratteristico
dell’appisolamento in determinate situazioni, per esempio
mentre si guida o durante una lezione. Durante questa fase
di sonno leggero normalmente è facile svegliare le persone.
L’elettroencefalogramma (EEG) mostra uno sfondo a basso
voltaggio e frequenze miste con una netta diminuzione dell'attività
alfa, tipica della veglia fisiologica, la comparsa dell’attività
theta ed onde con vertici acuti. Si osservano inoltre
movimenti oculari lenti, accompagnati da una limitata riduzione
della tonicità rispetto allo stato di veglia.
La
fase 2 è simile alla fase 1, anche se l’EEG mostra
una maggiore attività theta, i caratteristici fusi
del sonno (sleep spindles) e i complessi K, insieme ad
una ridotta attività tonica.
Con
la fase 3 inizia il sonno ad onde lente (slow-wave sleep, SWS),
caratterizzato dal fatto che nell’EEG le caratteristiche onde
delta appaiono come onde lente di grande ampiezza che occupano
dal 20% al 50% di ciascuna epoca dell’EEG.
Nella
fase 4 compaiono onde lente ancora più ampie, accompagnate
da onde delta che rappresentano il 50% o più dell’EEG. Si
tratta della fase di sonno più profondo e con una maggiore
difficoltà di risveglio. Si tratta inoltre della fase del
sonno in cui si manifestano le parasonnie, come l’enuresi
o il sonnambulismo.
La
stadio REM è noto anche come sonno paradosso, dal momento
che in questa fase l’EEG mostra onde simili a quelle osservate
durante la veglia o nel sonno di fase 1 ed occupa in media
dal 20% al 25% del sonno di un adulto. A differenza dello
stato di veglia, il sonno REM è però caratterizzato da rapidi
movimenti oculari e da una profonda atonia dei muscoli scheletrici.
Nei bambini, il sonno REM è noto anche come sonno
attivo, come dimostrato dalle notevoli contrazioni muscolari
di fase. Il sonno REM è la fase del sonno in cui compare
l’attività onirica ed è anche la fase nella quale è possibile
sperimentare allucinazioni ipnagogiche e ipnopompiche
se risvegliati. Inoltre, è più difficile svegliare qualcuno
dal sonno REM piuttosto che dal sonno di fase 1.
All’inizio
della notte, in un soggetto normale la maggior parte del
ciclo del sonno è caratterizzato da sonno SWS (fasi 3 e 4). Durante
i primi due cicli, tipicamente si rilevano da 10 a 15 minuti
totali di sonno REM. Dopo i primi due o tre cicli di sonno,
la maggior parte delle persone non ritorna al sonno SWS.
I cicli di sonno rimanenti mostrano all’EEG un aumento del
sonno REM (da 30 a 40 minuti per ciclo) e del tempo passato
nella fase 2.
Il
sonno è un comportamento umano molto importante che occupa
circa un terzo della vita adulta. Questa fondamentale esigenza
della vita umana è legata al ritmo circadiano o “orologio interno” del
corpo, un processo fisiologico che si sviluppa nei
primi due anni di vita e che mantiene il ciclo sonno-veglia
da 24,2 a 25,2 ore in media. Per quanto ci siano soltanto
24 ore in un giorno, gli stimoli esterni inducono
l’organismo a riconfigurare la sua scheda interna in base al ciclo
luce-buio. Un altro esempio di stimolo esterno potrebbe essere
una sveglia o una chiusura delle finestre predisposta per oscurare
una stanza al momento di addormentarsi. Questo aiuta a
reimpostare l’“orologio interno”. Per quanto il
ritmo circadiano abbia un ruolo importante nell’induzione
del sonno, il ciclo sonno-veglia non dipende soltanto
da questo. Infatti, esso dipende anche da un processo oscillatorio
sonno-veglia chiamato omeostasi del sonno, dalla fotorecezione
circadiana e dal feedback del ciclo sonno-veglia a
questi processi.
Tutto
ciò determina un insieme di eventi a cascata durante
una normale notte di sonno. Via via che il giorno si
trasforma in notte, la ghiandola pineale nel cervello rilascia
una sostanza neurochimica chiamata melatonina. Uno dei
segnali primari per indurre il sonno si verifica quando la melatonina
si lega al nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo per
inibire il tasso di attivazione neuronale che mantiene lo stato
di veglia. E questo consente l’inizio del ciclo del sonno. Esiste
una componente circadiana endogena della temperatura corporea
correlata all’induzione del sonno. Una diminuzione della
temperatura del corpo è tipicamente associata agli effetti circadiani
notturni. La regolazione ipotalamica delle temperatura,
o più semplicemente termoregolazione, riduce la temperatura
del corpo durante il sonno NREM, come si può chiaramente
osservare all’inizio della notte durante il sonno di fase
3 e 4. successivamente, via via che cresce il tempo speso in
sonno REM, l’ipotalamo ha un minore controllo sulla temperatura
corporea e la temperatura interna comincia ad aumentare.
Si ritiene che l’aumentare della temperatura del corpo
stimoli il risveglio.
IL
SONNO VARIA CON L'AVANZARE DELL'ETA'
Gli
effetti dell’età sul sonno non dovrebbero essere sottovalutati. I
cambiamenti più rapidi hanno luogo nelle fasi iniziali della vita. Neonati
e bambini piccoli dormono da 16 a 20 ore al giorno, mentre i bambini nati
prematuramente possono dormire anche di più. Durante l’infanzia, il tempo
complessivo dedicato al sonno si riduce e la proporzione di sonno REM scende
ai livelli che caratterizzano la vita adulta, compresi tra il 20% ed il 25%
del sonno totale.
I
bambini piccoli passano la maggior parte del loro tempo in sonno SWS. Questo
può spiegare come mai i bambini perdono l’abitudine di bagnare il letto
intorno all’adolescenza, ovvero quando il ciclo del sonno diventa più
simile a quello di un adulto. Infatti, la quantità di sonno SWS diminuisce
significativamente durante l’adolescenza, probabilmente in connessione con
la riduzione delle sinapsi corticali che si produce in quel periodo. Il
sonno SWS può persino sparire interamente negli anziani, determinando tassi
di insonnia maggiori a causa di pattern di sonno più leggero.
Con
l’aumentare dell’età si produce un anticipo di fase nel normale ciclo
circadiano del sonno. Questo è il motivo per cui le persone anziane si
addormentano presto la sera e si risvegliano presto al mattino. E questo
può essere anche la ragione per cui alcuni anziani dichiarano di sentirsi
più vigili al mattino che la sera. L’età rende il sonno anche più
frammentato. Il che significa che è possibile passare più tempo a letto,
ma con un sonno meno produttivo. Si osserva spesso anche un aumento del
numero dei risvegli e una prolungata latenza prima dell’inizio del
sonno.
Via
via che il ciclo del sonno diventa più frammentato, aumenta il tempo di
veglia durante il periodo del sonno e, spesso, ne deriva un aumento del
sonno diurno. Il sonno SWS e l’attività ad onde lente diminuiscono con l’età,
spesso riducendo il sonno totale notturno. Normalmente, nella popolazione
anziana normale il sonno REM viene mantenuto, per quanto i pazienti affetti
dal morbo di Alzheimer e da altri disordini degenerativi del sistema nervoso
centrale mostrino una riduzione di questo tipo di sonno. Essi possono anche
mostrare un deterioramento dei pattern diurni sonno-veglia, a volte così
grave che i pazienti istituzionalizzati possono anche non passare nemmeno un’ora
del giorno costantemente addormentati o svegli.
CI
SONO DIVERSI TIPI DI INSONNIA
L’insonnia
può essere classificata come primaria o secondaria. L’insonnia
primaria non rappresenta una diagnosi comune. Si ritiene
che la maggior parte delle cause dell’insonnia primaria sia
endogena e riconducibile a disordini neurochimici o strutturali
che incidono sul ciclo sonno-veglia e che essa determini
uno stato di ipervigilanza (hyperarousal). L’insonnia
secondaria è piuttosto comune. Essa compare quando il
sonno viene disturbato in conseguenza di qualche altro
disordine. Si consideri come esempio l’insonnia dovuta ad un
farmaco stimolante, al disagio prodotto da una condizione patologica
o l’insonnia collegata alla depressione. In ogni caso, occorrerà
trattare in primo luogo la causa sottostante all’insonnia
secondaria.
È
possibile identificare tre classi di insonnia primaria: psicofisiologica,
paradossale e idiopatica.
L’insonnia
psicofisiologica si presenta come una difficoltà ad addormentarsi
che si protrae per diversi anni. Si tratta di uno stato
di veglia potenziata associato con l’atto di andare a dormire.
I pazienti possono riportare una maggiore facilità ad addormentarsi
quando sono via da casa o quando non cercano di
dormire, per esempio davanti alla televisione. I pazienti spesso
negano di essere consapevoli di una qualsiasi situazione stressante
che possa avere innescato il cambiamento del pattern di
sonno. Tuttavia, è molto probabile che un evento per il quale il
paziente stia ancora soffrendo abbia determinato l’insonnia, anche
se il paziente non ne riconosce il collegamento. Sostanzialmente,
si tratta di un’insonnia secondaria che si è trasformata
in insonnia primaria.
L’insonnia
paradossale è nota anche come insonnia soggettiva o
errata percezione del sonno. I pazienti trascorrono solitamente
una normale notte di sonno come mostrano le letture
del polisonnografo (PSG), ma essi ritengono di aver dormito
solamente una o due ore e non si sentono riposati al risveglio.
Gli studi hanno dimostrato che il placebo non aiuta questi
pazienti, i quali invece possono trarre qualche giovamento
dai farmaci ipnotici, suggerendo che questi farmaci possano
avere anche un meccanismo d’azione di tipo cognitivo, inducendo
nel paziente un cambiamento della percezione sul fatto
di essere sveglio o addormentato. Possono essere osservati dei
cambiamenti minimi nel tempo del sonno, ma non tali da dimostrare
un cambiamento significativo nelle letture del PSG, pertanto,
non è ancora chiaro il reale meccanismo fisiologico su
cui si basano queste osservazioni.
L’insonnia
idiopatica è rara e si verifica prematuramente
durante l’infanzia. Essa è caratterizzata da uno
schema persistente e continuo, durante il quale i
pazienti hanno problemi ad addormentarsi o si svegliano
durante la notte. I disturbi del paziente possono essere
facilmente diagnosticati mediante un’analisi del sonno con
il PSG, il quale mostrerà un aumento della latenza del sonno,
una diminuzione del sonno totale o un aumento dei risvegli.
L’eziologia dell’insonnia idiopatica non è chiara, ma si
è ipotizzato che sia riconducibile ad una mancata regolazione
del metabolismo delle ammine biogeniche, ad alterazioni
della funzionalità del proencefalo basale, a risposte all’attività
del recettore GABA A delle benzodiazepine o a ridotti
livelli delle sostanze endogene che favoriscono il sonno. Le
teorie psicodinamiche suggeriscono che questi pazienti non abbiano
raggiunto una normale erotizzazione del sonno da bambini
o abbiano ricevuto messaggi.
LE
POSSIBILI CAUSE DELL'INSONNIA
Esistono
diversi fattori scatenanti l’insonnia, i più comuni tra i quali
sono quelli di natura situazionale, medica, psichiatrica e farmacologica.
Le cause situazionali dell’insonnia comprendono stress,
conflitti o il jet lag e, di solito, si risolvono rapidamente
una volta superato il fattore che le determina.
Le cause mediche dell’insonnia dovrebbero
migliorare una volta che la causa scatenante venga
trattata.
Comuni
cause mediche dell’insonnia sono complicanze
cardiovascolari, dolore, difficoltà respiratorie,
disordini endocrini, problemi GI, disordini
neurologici o gravidanza. Nel caso in cui il
trattamento della causa medica dell’insonnia non
fosse sufficiente, si dovrebbe prendere in considerazione
un trattamento per l’insonnia. Un esempio di
insonnia determinata da una causa medica è quello sintomo
di insonnia. La più ampia popolazione
di pazienti affetti da insonnia cronica è costituita
da coloro la cui insonnia è riconducibile a cause
psichiatriche. Fino al 40% degli adulti con insonnia
presenta un disordine psichiatrico concorrente. Nell’ambito
di queste diagnosi di comorbilità, la demenza e
la depressione sono le cause psichiatriche che
incidono maggiormente sulla popolazione affetta da
insonnia.
Altre
cause comuni sono i disordini ansiosi o i disordini
da abuso di alcol o di altre sostanze. Le cause
psichiatriche dell’insonnia dovrebbero essere sempre
trattate per prime. Con il miglioramento delle condizioni
psichiatriche, dovrebbe prodursi un miglioramento anche
dell’insonnia secondaria. I farmaci
possono causare insonnia iatrogena. Le classi di farmaci
più comuni che possono essere stimolanti o causare disturbi
del sonno sono gli anticonvulsivi, i bloccanti adrenergici
centrali, i diuretici, gli inibitori selettivi del reuptake
della serotonina (SSRI), gli inibitori del reuptake della serotonina
e norepinefrina (SSRN), gli steroidi e gli stimolanti. I
farmacisti dovrebbero vigilare sui pazienti che ricevono farmaci
noti per indurre insonnia o produrre potenzialmente un effetto
avverso che possa causare insonnia.
TERAPIA
NON FARMACOLOGICA
La
terapia non farmacologica per il trattamento dell’insonnia è scarsamente
utilizzata. Purtroppo, molte persone per le quali semplici
cambiamenti nello stile di vita potrebbero correggere l’insonnia
meglio degli ipnotici sono indirizzate verso la terapia farmacologica.
Una percentuale compresa tra il 70% e l’80% dei
pazienti affetti da insonnia trattati non farmacologicamente risponde
positivamente. Tra i trattamenti non farmacologici, l’igiene
del sonno dovrebbe essere suggerito come trattamento di
prima scelta perché può in molti casi dare benefici alla maggior
parte dei pazienti. Altri strumenti di trattamento sono la
terapia cognitivo-comportamentale, le tecniche di rilassamento,
il controllo dello stimolo, la terapia della luce e la
privazione del sonno.
Una
combinazione di trattamenti non farmacologici o il
loro uso in abbinamento ai trattamenti farmacologici
può ulteriormente contribuire al miglioramento dei
sintomi. L’igiene del sonno rappresenta uno
strumento efficace per il trattamento dell’insonnia.
È possibile ricorrere a diverse strategie.
Mantenere
degli orari regolari per andare a dormire ed alzarsi
al mattino è probabilmente una delle strategie più semplici.
Le ricerche condotte hanno mostrato che un orario regolare
favorisce il ciclo naturale del sonno. Questo significa evitare
uno stile di vita che preveda una progressiva privazione del
sonno durante la settimana, per poi “crollare” nel fine settimana,
dal momento che questo continua ad incidere negativamente
sul normale ciclo del sonno. E significa anche evitare
di dormire durante il giorno, con l’eccezione degli anziani
o delle persone debilitate che possono avere necessità di
una maggiore quantità di sonno.
Un’altra
strategia consiste nell’evitare pasti pesanti prima di coricarsi.
Andare a dormire a stomaco pieno spesso produce disturbi
GI. Per contro, consumare un pasto leggero può aiutare,
dal momento che può determinare un aumento del metabolismo
sufficiente a favorire il sonno.
Uno
dei migliori trattamenti non farmacologici per l’insonnia è
l’attività fisica. Svolgere quotidianamente un’attività fisica nel
tardo pomeriggio o la sera presto favorisce l’induzione del sonno.
Questo avviene perché l’esercizio produce un aumento della
temperatura interna mentre il metabolismo è elevato. Di notte,
la termoregolazione naturale del corpo normalmente scende
per indurre il sonno. Al termine dell’attività fisica, la temperatura
interna del corpo è maggiore e sono necessarie in media
sei ore per tornare alla temperatura normale. Una volta che
la temperatura interna del corpo è tornata ai suoi livelli normali,
il sonno viene favorito. Questo è anche un motivo per evitare
di svolgere attività fisica la sera tardi – in modo tale da impedire
un’alterazione del normale meccanismo di raffreddamento
del ciclo di termoregolazione. Inoltre, separare l’attività
fisica dal sonno di almeno sei ore aiuta ad evitare un’attività
stimolante prima di andare a dormire.
Altre
strategie di igiene del sonno comprendono una riduzione dell’uso
di sostanze stimolanti almeno sei ore prima di andare a
dormire. È il caso, per esempio, del tabacco, della caffeina o delle
anfetamine. Sono comprese anche sostanze che possono essere
controproducenti per il sonno, come i diuretici (per esempio,
furosemide ed idroclorotiazide).
Inoltre,
si dovrebbe evitare di preoccuparsi per l’ora,
ovvero i pazienti non dovrebbero guardare l’orologio
durante la notte, dal momento che questo aumenta la
loro ansia per la perdita di sonno. Se il paziente ha
bisogno di una sveglia, questa dovrebbe essere tenuta
in un cassetto, vicino al letto, così da poterla sentire senza
vederla. Infine, si dovrebbe evitare l’assunzione di alcol prima
di coricarsi.
Per
quanto l’alcol agisca sui recettori GABA inducendo
il sonno, esso incide negativamente sul normale ciclo
del sonno. Inoltre l’alcol ha una breve emivita e la
sua rapida eliminazione può essere la causa di un risveglio prematuro.
Gli studi condotti dimostrano che la terapia cognitivocomportamentale
(TCC) può determinare un miglioramento dei sintomi
tanto nelle strategie di trattamento acuto quanto in quelle
a lungo termine. La TCC ha mostrato una certa efficacia da
sola. Inoltre, uno studio recente ha dimostrato che la sua efficacia
può essere superiore a quella degli ipnotici-sedativi durante
un trattamento acuto da quattro ad otto settimane. Questo
studio della TCC su nove pazienti affetti da insonnia psicofisiologica
ha rilevato un miglioramento della qualità soggettiva
ed oggettiva del sonno, come dimostrato dal miglioramento
delle scale del sonno e dei dati del PSG. Inoltre, lo
studio ha dimostrato una maggiore efficacia della TCC a lungo
termine rispetto agli ipnotici.
INTEGRATORI
E PRODOTTI ERBORISTICI
Tra
gli altri prodotti di erboristeria cui si attribuisce
un effetto benefico contro l’insonnia, sono
comunemente usati la radice di valeriana e la melatonina.
La kava, la radice di valeriana e la melatonina sono controindicate
in gravidanza o durante l’allattamento. La radice di
valeriana è consigliata in caso di disturbi del sonno accompagnati
da agitazione e nervosismo. Si ritiene che il suo meccanismo
d’azione comporti l’inibizione dell’enzima che metabolizza
il GABA. Essa incide sul ciclo del sonno, riducendo la
latenza ed aumentando il sonno SWS. Le dosi suggerite
variano tra 400 e 900 mg di estratto o tra 2 e 3 g di estratto
secco in infusione al momento di andare a dormire. Studi
recenti raccomandano 600 mg di radice di valeriana come dose
media per dormire. Può essere assunta a dosi superiori fino
a tre volte al giorno in caso di ansia o irrequietezza e, pertanto,
a volte si utilizza un dosaggio più elevato. La
melatonina è un ormone naturale secreto di notte dalla ghiandola
pineale che può favorire il ciclo naturale del sonno notturno.
Essa è potenzialmente efficace nel trattamento del jet lag,
dei cambiamenti di orario di lavoro e nei pazienti non vedenti
con difficoltà ad iniziare a dormire senza adeguati segnali
del ciclo luce-buio. La dose ordinaria è di 5 mg al momento
di andare a dormire, anche se può oscillare tra 0,1 mg e
10 mg.
TERAPIA
FARMACOLOGICA
Diversi
studi hanno dimostrato l’efficacia delle benzodiazepine
(BZD) e degli agonisti dei recettori delle benzodiazepine
nel trattamento dell’insonnia di breve durata. Nessuno
di questi prevede una durata superiore a sei mesi d’uso.
Esse aumentano il tempo totale del sonno e riducono tanto la
latenza quanto il numero dei risvegli, senza incidere sul
sonno REM. Inoltre, le BZD aumentano il sonno di fase
2 e riducono il sonno di fase 1 e 4. Per
quanto i medici ricorrano alle BZD per trattare l’insonnia cronica,
a questa classe di farmaci sono associati diversi rischi. L’uso
delle BZD comporta spesso problemi di tolleranza e dipendenza,
mentre gli effetti della sospensione possono provocare
attacchi epilettici, coma e morte. Le BZD sono comunemente
associate a sonnolenza nel giorno successivo, amnesia
anterograda, disinibizione e indebolimento delle facoltà
cognitive. Da un punto di vista degli effetti in gravidanza,
tutte le BZD sono classificate nelle categorie D o X,
a causa dei loro effetti teratogenici o dannosi per il feto.
Attualmente
sono disponibili tre agenti non benzodiazepinici: zopiclone,
zaleplon e zolpidem. Essi hanno lo stesso meccanismo d’azione
delle BZD, legandosi in modo selettivo al recettore
BZD1. A causa di questa selettività, a differenza delle
BZD dimostrano effetti ansiolitici minimi e nessun effetto rilassante
sulla muscolatura o di tipo anticonvulsivo. Inoltre, hanno
un effetto minimo sulle fasi del sonno e non è stato finora
rilevato dagli studi alcun problema di tolleranza o di rebound.
Questi farmaci potrebbero essere sicuri per un uso a lungo termine,
ma sono necessari ulteriori studi per confermare quest’informazione,
anche se nel corso di sei mesi di uso notturno, non è
stato osservato alcun fenomeno di tolleranza.
Lo
zopiclone dovrebbe essere assunto soltanto se è possibile dedicare
al sonno otto ore. Gli effetti collaterali più comuni sono
cattivo sapore in bocca, cefalea e sonnolenza.
Lo
zaleplon ha un profilo di azione “on/off” rapido. Questo farmaco
a breve durata (tre ore) è molto efficace nei pazienti che
hanno problemi soltanto ad addormentarsi o nei pazienti che
hanno bisogno di un farmaco che agisca soltanto per poche ore.
La dose raccomandata di zaleplon è di 10 mg al momento di
coricarsi (5 mg negli anziani).
Lo
zolpidem è stata la prima non benzodiazepina ad essere approvata.
Viene metabolizzato principalmente per ossidazione ed
idrossilazione. Dovrebbe essere assunto soltanto
quando è possibile dedicare al sonno otto ore e gli
effetti collaterali più comunemente osservati sono
vertigini, sonnolenza, intontimento, cefalea e diarrea. Sono
possibili anche effetti avversi sul sistema nervoso centrale,
con sintomi psicotici, distorsioni sensoriali e parasonnie
come il sonnambulismo.
AGONISTI
DELLA MELATONINA
Ramelteon
è un farmaco di recente approvazione da parte dell’FDA
ed è in commercio al momento solo negli Stati Uniti.
Viene impiegato per il trattamento dell’insonnia ed agisce
con un meccanismo d’azione simile a quello della melatonina.
Esso si lega ai due recettori MT1 ed MT2 nel nucleo
soprachiasmatico mantenendo il ritmo circadiano al di sotto
del normale ciclo sonno-veglia. Viene usato principalmente
nel trattamento dell’insonnia caratterizzata da difficoltà
ad addormentarsi. A differenza delle BZD e degli
analoghi delle benzodiazepine, il ramelteon ha un
rischio benigno di abuso o di dipendenza.
ASSUMERE
O MENO I FARMACI
Il
processo fisiologico del sonno costituisce una parte essenziale del normale
meccanismo di recupero nell’uomo. Quando esso viene pregiudicato dall’insonnia,
i pazienti presentano una maggiore predisposizione a problemi di salute e un
aumento della mortalità generale. Il mancato trattamento della mancanza di
sonno non soltanto aumenta il rischio di molteplici problemi di salute, ma
può rendere le patologie sottostanti più difficili da trattare. Per i
pazienti affetti da insonnia è essenziale individuare la causa scatenante
del problema.
L’importanza
del trattamento non farmacologico dell’insonnia non dovrebbe essere
sottovalutata. Dal 70% all’80% dei pazienti rispondono positivamente.
Nel
caso in cui le opzioni non farmacologiche non offrano un beneficio ottimale
o si dimostrino inefficaci, si dovrebbe ricorrere alla terapia farmacologica.
Prima però di adottare una terapia farmacologica con medicinali ipnotici
veri e propri risulta utile il ricorso ad un'integrazione con prodotti non
medicinali, quali quelli a base di melatonina, che molto spesso sono
sufficienti per la risoluzione del problema; oltre a ciò gli effetti
collaterali di questi prodotti è notevolmente inferiore se paragonata alla
maggioranza quelli dei farmaci con obbligo di prescrizione (specialmente le
Benzodiazepine).
CHIEDI
CONSIGLIO AD UNO DEI NOSTRI FARMACISTI
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